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Ripercorriamo la Settimana Santa con le omelie di S.E. Mons. Luigi Testore

Domenica delle Palme

Iniziamo insieme la settimana santa, la settimana autentica, perché ciascun cristiano nel passaggio di questa settimana rivive e riscopre il senso della sua fede.
Siamo invitati a tenere fisso lo sguardo su Gesù e sulla sua croce perché solo scoprendo il significato della croce possiamo capire queste giornate. Siamo quindi tutti chiamati a vivere questa settimana con lo sguardo sulla croce di Gesù e a lasciarci guidare da una profonda meditazione.
Riviviamo infatti gli ultimi giorni di Gesù con i suoi discepoli e il momento in cui Gesù lascia loro il suo testamento più grande, in cui li aiuta a capire che cosa significa l’amore e come è possibile il dono totale di sé.
La liturgia attraverso la lettura della Passione secondo Matteo ci invita oggi a ripercorrere gli eventi dell’ultima cena, dell’orto degli ulivi, del processo e della crocifissione di Gesù. Ma è tutta questa prossima settimana che ci invita a fare lo stesso percorso tra il giovedì e il sabato santo, fino all’annuncio gioioso della resurrezione nella veglia di sabato sera.
Il profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, intravvede qualcosa di questo mistero, coglie la figura di un servo di Dio che può caricarsi delle nostre situazioni e delle nostre sofferenze e può guarirci attraverso il dono di sé. E’ difficile sapere a cosa si riferisse esattamente il profeta quando scriveva questa pagina, ma certo rileggerla alla luce del Vangelo appare estremamente chiara, una vera profezia.
A tutti è chiesto di lasciarsi trasformare da questa visione profetica e di lasciarsi guidare dal segno di contraddizione che è il momento pasquale che ci prepariamo a rivivere. Il Vangelo mette proprio in risalto questo scontro e questa contraddizione. Di fronte alla Pasqua non c’è più spazio per le mezze misure, i nemici di Gesù vogliono eliminarlo, l’odio cresce e in parallelo cresce anche l’amore, l’amore esagerato di Gesù che è pronto a donarsi totalmente per il bene di tutti.
Anche noi di fronte a questa situazione siamo costantemente in bilico, ci domandiamo se accettare l’amore di Dio e buttarci nella logica del dono e della Pasqua o preferire la nostra logica umana.
Questo ci è molto chiaro rileggendo il momento della cattura di Gesù. Uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada. La logica umana sembrerebbe dargli ragione, ma Gesù vede le cose in una prospettiva diversa, sa bene che non ci si può salvare con la violenza, ma con l’amore.
Anche oggi, di fronte alle ingiustizie e alle violenze del nostro tempo, domandiamoci quale capacità di amare può veramente salvare il mondo .
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S.Messa del Crisma

Cristo ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre.
Ogni cristiano partecipa di questo compito sacerdotale ed è invitato a costruire il cammino della Chiesa e della storia con quello spirito a cui ci invita oggi il profeta nel testo di Isaia 61. “ Il Signore mi ha consacrato con l’unzione” Nel battesimo ciascun cristiano riceve questa unzione profetica e sacerdotale che gli affida un compito importante, quello di costruire la Chiesa come comunità di novità che può portare nel mondo speranza vera. Ma anche quello di costruire la città terrena, la storia del mondo, con quella visione profetica che è caratteristica del cristiano e che permette di individuare cammini di giustizia e verità.
In questo compito profetico e sacerdotale a cui ogni cristiano è chiamato si inserisce anche il ministero particolare che è affidato agli apostoli, ai loro successori e ai loro collaboratori. Per questo noi vescovi, presbiteri e diaconi, oggi rinnoviamo le promesse fatte il giorno della nostra ordinazione perché desideriamo costantemente riscoprire il modo in cui vivere in pienezza il nostro servizio alla comunità cristiana e al mondo.
Se infatti c’è un compito di annuncio del Vangelo e di edificazione della presenza della Chiesa che è affidato ad ogni cristiano, sappiamo bene quanto sia rilevante il compito specifico di chi si è messo a servizio della comunità attraverso un ministero ordinato.
Rivolgendomi quindi in modo particolare a voi confratelli nel ministero, vorrei oggi sottolineare con voi in particolare una esigenza importante di questo servizio, che è quella di amare le persone che ci sono affidate. Ed è importante non solo che noi effettivamente le amiamo , ma anche che ciascuno quando ci incontra si senta amato.
Nella prima Messa Crismale che ho celebrato con voi ormai cinque anni fa avevo riflettuto con voi sulle parole del profeta che dice di “essere chiamato a proclamare la libertà per gli schiavi e i prigionieri. Noi sappiamo quanto la gente viva spesso una situazione di prigionia e schiavitù. I nostri contemporanei sono spesso schiavi di tante esigenze inutili, prigionieri di idee e comportamenti sbagliati. Hanno bisogno della libertà del Vangelo, hanno bisogno di trovare vera gioia, entusiasmo nuovo nell’affrontare la vita, e il nostro compito è certamente quello di favorire la libertà, di aiutare a sciogliere i vincoli inutili, di ridare respiro all’esistenza”. Riprendendo quella riflessione oggi penso infatti a quanto sia importante amare le persone che ci sono affidate così come sono, con i loro pregi, ma anche con tutti i loro difetti. Talvolta ci può quasi infastidire il modo in cui le persone si rivolgono alla parrocchia quasi come fossimo un luogo in cui si dispensano dei servizi, non una comunità in cui si vive insieme un cammino evangelico. Spesso persone che non frequentano mai la chiesa vengono a noi quasi con delle pretese nel momento in cui chiedono i sacramenti per i loro figli o il funerale per i loro anziani. Ma proprio quelle sono occasioni privilegiate per vivere la nostra capacità di ascolto e di accoglienza.
Dicevo prima quanto sia importante amare le persone. Se si amano le persone si accettano i loro difetti e si cerca di cogliere anche nel lucignolo fumigante la possibilità di ravvivare una fiamma. Riuscire a vivere con spirito di vera accoglienza ogni nostra relazione ci permette di vedere in ogni occasione di incontro una opportunità di annuncio.
La benedizione degli oli inserita oggi in questa celebrazione ci aiuta a capire quanto la forza dello Spirito si riversi poi con abbondanza su tutte le nostre comunità e quanto sia quella forza dello Spirito che può far superare anche le nostre fatiche quotidiane e renderci capaci di accogliere, ascoltare e amare ogni persona.
In questo senso ci aiuta anche il cammino sinodale che stiamo vivendo.
Costituire gruppi sinodali, mettersi in ascolto delle persone, permette poi di avere uno sguardo più chiaro sulla vita della comunità cristiana e sul suo futuro.
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GIOVEDI SANTO, S. Messa in Coena Domini

La celebrazione di questa sera è molto bella e ci invita a rivivere con Gesù e i suoi discepoli la grande esperienza dell’ultima cena.
Forse è importante per noi riuscire ad entrare nel contesto di quell’evento e lo possiamo fare proprio a partire dalla prima lettura di oggi, dal libro dell’Esodo.
Come abbiamo ascoltato il popolo di Israele ha vissuto il passaggio dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà facendolo precedere da questa cena rituale. Nel testo dell’Esodo ci è ben descritto come quella cena doveva essere preparata e vissuta.
Per il popolo di Israele rivivere la cena pasquale è qualcosa di essenziale, che li riporta all’inizio stesso della loro storia di popolo. Per questo anche Gesù e i suoi discepoli si preparano accuratamente a rivivere quel gesto. Così Gesù può far capire ai suoi che se era stato importante il passaggio dalla schiavitù alla libertà, ancor più importante è il passaggio che Gesù sta per far vivere a loro e a tutti. E’ il passaggio dalla condizione di umanità decaduta e dalla condizione dell’uomo vecchio alla novità della redenzione, all’uomo nuovo che non passa attraverso l’acqua del mar Rosso per trovare la sua libertà, ma attraverso il sangue di Cristo, che gli dà veramente una vita nuova.
La cena pasquale di Gesù non è più quindi solo un ricordo della salvezza che Dio ha operato per il suo popolo nel passato, ma segno di quanto Dio opera nell’oggi in ciascuno di noi. La condizione di schiavitù in Egitto è certamente molto faticosa e dolorosa, ma ben più grave è la condizione di schiavitù di ciascuno prima di essere trasformato in figlio di Dio dal dono totale di sé di Gesù.
Per questo Gesù ha voluto vivere con i discepoli proprio nella cena pasquale il momento culmine del suo insegnamento e far capire loro che tutta l’umanità può vivere un nuovo esodo e un vero cammino verso la libertà. Questo cammino verso la libertà passa attraverso il dono di sé e la capacità di servire che Gesù ci insegna proprio attraverso i gesti che compie durante questa cena. I gesti sono due: quello che ci narrano i vangeli di Marco, Matteo e Luca e quello narrato da Giovanni nel testo che abbiamo letto questa sera. Il primo è lo spezzare del pane e la distribuzione del vino , quel gesto eucaristico che fa rivivere la morte di Gesù in croce per noi. Il secondo è la lavanda dei piedi, che ci fa capire cosa vuol dire metterci a servizio dell’altro. E’ attraverso questi segni della capacità di amare, di donare e di servire che ogni persona può costruire la sua vera libertà e lasciarsi trasformare dall’amore di Dio in un essere nuovo in cui c’è verità e libertà.
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VENERDI’ SANTO

“Ecco l’uomo” Con queste parole Pilato presenta Gesù alla folla. E’ un Gesù già profondamente segnato dalla flagellazione, dai colpi ricevuti, dalla corona di spine, ma proprio così rappresenta ora tutto il genere umano. Una umanità spesso sfigurata dalle vicende della storia, ma che nel suo amore può ritrovare il proprio vero volto.
Questa espressione di Pilato fa pensare al titolo del famoso libro di Primo Levi “Se questo è un uomo” , testo in cui quell’autore ripercorre la tragedia dei campi di concentramento nazisti e l’aberrazione e la disumanizzazione a cui quei prigionieri erano soggetti.
L’essere umano può essere talvolta ridotto ad una condizione irriconoscibile e l’esperienza di Auschwitz ne è diventata il simbolo, il male assoluto, ma purtroppo non è solo allora che si è prodotta questa disumanizzazione. Ci sono anche oggi nel mondo tantissime situazioni in cui l’essere umano può perdere totalmente la sua dignità. Sono situazioni di povertà estrema, di sfruttamento, di condizioni malavitose, di autodistruzione a causa di droga, alcool, gioco d’azzardo. Tutti casi in cui si può vedere sfigurata la dignità stessa della persona. Possiamo in particolare pensare a quanto questa disumanizzazione avvenga quando l’umanità si lascia travolgere dalla guerra, lo vediamo oggi in Ucraina, ma lo abbiamo visto nel corso della storia in tutte le guerre. Questo ci fa pensare a quanto sarebbe importante per il mondo riuscire finalmente ad abolire il concetto stesso di guerra e ad imparare strade nuove di confronto e di convivenza.
A chi si domandava dov’era Dio nei campi di sterminio e a chi si domanda dov’è Dio di fronte ai tanti mali anche del nostro tempo, non si può che rispondere che Dio era ed è lì, sulla croce, a partecipare pienamente della condizione umana. Ma Dio non si limita a condividere la situazione dell’uomo, nel dono totale di Gesù Dio ci parla di un amore che riscatta e che salva. Nella croce di Gesù vediamo anche il segno di una novità travolgente. Certo Dio partecipa alla condizione umana ma per chiamare noi a partecipare alla sua condizione divina.
“Ecco l’uomo”. E’ l’uomo spesso sfigurato dal nostro male e dal nostro agire nel male, dalla nostra incapacità di vedere strade e comportamenti diversi, capaci di cambiare e migliorare il mondo. Ma è anche l’uomo che vede in Gesù il suo modello, che intuisce la propria dignità di figlio di Dio.
Venerando la croce di Gesù oggi siamo chiamati a comprendere con chiarezza dov’è la nostra speranza e dove si fonda la speranza e la salvezza di tutto il genere umano.

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