a cura di don Enzo Cortese

Commento alle Letture di Domenica 20 novembre 2022

2 Sam 5,1-3
Con la festa di Cristo Re concludiamo questo anno liturgico (anno C). La scelta dei brani biblici, di fronte alla
mole di brani possibili, è stimolante. Si parte da Davide re. All’inizio Israele era stato guidato direttamente
da Dio. Poi arrivano Mosè ed Aronne, sacerdoti che trasmettono le direttive divine, attorno al 1300 a.C.
Infine il popolo stesso vuole- come hanno gli altri popoli- la struttura monarchica, approvata da Dio. Saul, il
primo re d’Israele, è subito respinto e subentra Davide, che nel 1000 a.C., divenuto re di tutte le tribù,
espugna Gerusalemme. Essa diventa il centro del regno e il successore Salomone vi costruisce il tempio. Poi
comincia subito il declino: sotto Roboamo il Nord si stacca (Geroboamo I, 931 a.C.)) e va lentamente verso
la deriva, distrutto dagli Assiri nel 740 a.C. Il superstite Regno di Giuda al sud, a sua volta, finisce nel 586
a.C. per colpa dei nuovi dominatori, i Babilonesi, che lo portano in esilio. La ripresa avviene sotto il dominio
dei Persiani e poi sotto i Greci, che, alla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) ne ereditano l’impero. Il
resto d’Israele, ormai senza re, è oppresso dal seleucide Antioco Epifane (167 a.C.). La rivoluzione dei
Maccabei, di stirpe sacerdotale non fa riprendere la storia della monarchia davidica ormai esaurita e, alla
fine, arrivano i Romani, ai quali Israele, senza re, si sottomette inevitabilmente. Eppure il N.T. si aggrappa saldamente al filone delle promesse davidiche, che han rivelato un progetto monarchico divino: il Messia
figlio di Davide.

Sal 121 (nella Bibbia 122)
Il 5° libro del salterio ha, tra le altre, la raccolta dei “salmi delle ascensioni” (120-134), per i pellegrinaggi al tempio; e uno dei più suggestivi è quello per l’arrivo a Gerusalemme, rimasta, col suo tempio, il miglior ricordo reale della storia monarchica, fino alla sua distruzione avvenuta nel 70 d.C. per opera di Roma. Le sue rovine, sia per gli Ebrei e sia per i Cristiani, rimangono tuttavia il segno più tangibile del regno davidico,
esaltato dalla presenza e dalla morte e risurrezione di Gesù, che per noi Cristiani è il vero re, rivelatosi alla
fine del progetto divino.

Col 1,12-20
Il nostro mondo, nella sua grandiosità, è il risultato d’una lunga evoluzione, che tentiamo di immaginare
coll’aiuto della scienza e della fede. Si parte col “big bang” e, attraverso le ere geologiche e i relativi
drammatici salti, si giunge alla comparsa dell’uomo, discendente dei primati, stando alle intuizioni e le
ipotesi di Darwin e di Theilhard de Chardin. Nella libertà e intelligenza di cui Dio l’ha dotata, l’umanità
diventa lentamente la padrona del mondo, nel bene e anche nel male delle proprie fragilità. Dio, rispettandone i limiti, rivela finalmente all’uomo il progetto di quello che definisce il Suo regno divino, da realizzarsi colle forze umane. Alla Incarnazione di Gesù il progetto del regno divino si rivela ulteriormente e, nei suoi capovolgimenti, comincia a realizzarsi pienamente. La pagina dai Colossesi è una delle più complete rivelazioni sul Regno “dei cieli” o “di Dio”, nominato esplicitamente, poi, nel cap. 4° della lettera e molto frequentemente nel NT. San Paolo è arrivato a questa visione in prigione, alla fine della sua vita, dopo le grandi fatiche per il Vangelo. L’opera di Dio doveva realizzarsi sensibilmente e comunitariamente, data la sensibilità materiale dell’uomo, fino all’Incarnazione del Verbo, cui, fin da prima, si attribuisce l’intera
opera, a partire dalla creazione: 1,15ss. La presa di coscienza e adesione al Suo regno non deve realizzarsi
solo individualmente e privatamente, perché ora Gesù non è più percepibile, tangibilmente, ai singoli. Ci
vuole la Chiesa, coi suoi sacramenti e la presenza dei credenti nel mondo: 1,18ss., per la realizzazione
completa del regno, che abbraccerà non solo l’umanità, ora arrivata agli 8 miliardi, ma tutto l’universo.

Lc 23,25-43
Concludiamo la lettura del Vangelo di Luca saltando al penultimo capitolo: la salita al Calvario, la
crocifissione e il buon ladrone, immagini del massimo fallimento umano dell’attesa d’un trionfo regale di Gesù. Il fallimento è sottolineato ampiamente dal disprezzo e dagli scherni del popolo sotto la croce e dalla
scritta che ci han messo sopra (23,35-38). Il bello è, però, che il progetto divino si sta realizzando proprio
ora. Il buon ladrone chiede che il suo compagno Crocifisso lo ricordi “nel suo regno” e Gesù lo assicura del
Paradiso raggiunto in quello stesso giorno, duemila anni fa (23,42s.).

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