a cura di don Enzo Cortese

Commento alle Letture di Domenica 15 gennaio 2023

Is 49,3.5-6
Difficile in questa 2a domenica del tempo ordinario spiegare perché nel vangelo non si continui puoi quello
di Matteo iniziato nella precedente (festa del Battesimo di Gesù). Probabilmente si vuol raccogliere da Gv 1 la particolare presentazione che il Battista adulto fa di Lui come “agnello di Dio”, in accordo con gli oracoli
1° e 2°del Servo di JHWH-sofferente, scelti nelle prime letture rispettivamente nella festa del Battesimo e oggi. Nessun altro Vangelo chiama Gesù così. Il brano di Isaia è il 2° dei quattro poemi che sono stati inseriti nella parte centrale del libro. Contengono il messaggio di liberazione dalla schiavitù babilonese e del ruolo svoltovi dall’imperatore persiano Ciro (45,1), che non ha niente a che fare con la missione umile, faticosa ed universale del Servo di questi canti. All’inizio del nostro c’è un “Israele” (Is 49,3) che è un’aggiunta in vcontrasto col testo completo, dove si dice chiaramente che il Servo è Lui che deve aiutare Israele. Anche se,
con un po’ di protagonismo, coloro che hanno fatto l’aggiunta ed i suoi seguaci, noi compresi, possiamo
pensare, stando con Lui, di salvare gli altri. Ma è meglio cercare di essere da Lui aiutati! Poi si precisa che gli
aiutati non sono solo gli Ebrei. Egli è luce di tutte le nazioni.

Sal 39 (nella Bibbia 40)
Non si poteva scegliere salmo migliore, uno degli ultimi del primo gruppo davidico, per il tema di questa
domenica: la disponibilità totale all’inizio della missione del Messia sofferente. La speranza con cui l’orante
inizia, uscito dal pozzo della perdizione (Paoline) o dal fango della palude (CEI), arriva al desiderio non del sacrificio rituale del culto ebraico, ma a quello di fare la volontà divina (v.9). Basti ricordare (e leggere!) la
lett. agli Ebrei (Heb 10,5ss.), che cita e commenta il salmo, come adottato dal Signore fin dal momento
dell’Incarnazione.

1Cor 1,1-3
La seconda lettura, invece, inizia decisamente il ritmo indipendente che hanno le seconde letture nelle
domeniche del tempo ordinario. Ma non vale la pena di commentarla già ora. Non va al di là del primo
tema (cap. 3), che vedremo nelle domenica fino a metà Febbraio. Poi inizia la Quaresima e non leggeremo
più nulla degli altri capitoli, altri 13, perché alla ripresa, dopo il tempo pasquale e il Corpus Domini,
troveremo la lettera ai Rom., dal cap. 5 in poi (il 18 Giugno).
Gv 1,29-34
Giovanni Battista, che conosceva bene i quattro oracoli del Servo di JHWH, vuol dirci che Lui, nelle sue
fatiche (Is 49,4), manifesta la tenerezza del suo amore nelle sofferenze espiatrici, accettate per noi e per
Dio. L’immagine dell’agnello la prende dal 4°: Is 53,7, che leggeremo integralmente al Venerdì santo. Il
Battista ripete ancora una volta l’espressione per spingere due discepoli dietro a Gesù, Andrea e Giovanni
evangelista (Gv 1,35ss.). Al termine del lungo incontro Andrea andrà a dire a suo fratello: “abbiamo trovato
il Messia!” e lo conduce a Gesù (1,41s.). L’immagine dell’agnello, solo qui nei Vangeli, diviene
frequentissima nell’Apocalisse, a volte usata non per Gesù. Nel vangelo, il Battista non l’ha accostata
all’agnello “pasquale”, quello del rito della Pasqua ebraica, perché non sapeva ancora come sarebbe stata
la Pasqua di Gesù. L’agnello “sgozzato ma in piedi” dell’Apocalisse (Ap 5,6), dove invece l’accostamento è
chiaro, non mi sembra ben raffigurato o raffigurabile; è comunque suggestivo. Non è il caso di guardare alle
differenze tra i due sinonimi greci ‘amnòs- ‘arnìon. L’accostamento di Se all’agnello pasquale l’ha fatto Gesù
stesso con l’istituzione dell’Eucaristia, nuova Pasqua cristiana. Non ricordando distintamente le varie tappe, noi mettiamo tutto assieme, nella Messa e anche nella semplice distribuzione della Comunione; per noi
Gesù è l’agnello pasquale da subito. Ma val la pena, qualche volta, di tener presenti le varie tappe e i testi di
questa storia meravigliosa, per capire meglio perché l’espressione è diventata così frequente ed
indispensabile.

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