Le omelie del Vescovo Mons. Luigi Testore. Ripercorriamo attraverso le sue parole il cammino pasquale

La domenica delle Palme

In questa difficile e strana domenica delle Palme iniziamo il cammino della Settimana Santa e anche quest’anno, con tutti i limiti che l’emergenza sanitaria ci impone, cerchiamo di cogliere il mistero pasquale, che è centro e sorgente di tutta la nostra vita cristiana.
Potremmo meditare in primo luogo le parole che abbiamo lascoltato nella prima lettura dal capitolo 50 di Isaia: “il Signore mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato”.
Penso che in questo momento davvero ci sia nel mondo un rischio di sfiducia, o quanto meno di forte preoccupazione, vedendo cambiare così rapidamente e in modo così significativo le consuetudini delle nostre vite. Forse, come dice il profeta, è necessario che il nostro orecchio si faccia attento e che il Signore apra il nostro orecchio per poter ascoltare come discepoli.
Il cristiano è sempre chiamato ad ascoltare il proprio cammino e il cammino della storia per interpretarlo in senso profondo e capire come agire in modo vero e come cercare il progetto di Dio, che chiede a ciascuno di mettersi a servizio e di leggere la condizione umana, la sua debolezza, cercando la forza di quel progetto più grande che ci è affidato  per costruire il mondo verso la sua pienezza.
In questo il vero modello è proprio Gesù che, come dice l’inno di Filippesi, svuotò se stesso e divenne obbediente fino alla morte. Infatti, come abbiamo poi sentito nella lettura del Vangelo, quando Gesù prega nell’orto dice rivolto al Padre: “ però non come voglio io, ma come vuoi tu”.
Gesù vede con chiarezza il progetto di Dio,  cui aderire pienamente, sa che è solo nel dono totale di sé, nell’amore,  che si può costruire un progetto di fiducia e di salvezza per il mondo.
Anche noi, vivendo questa settimana santa, siamo invitati a rinnovare il nostro modo di pensare e il nostro stile di vita. Invitati a capire che c’è una parola per il mondo sfiduciato ed è l’Evangelo, la buona notizia, la scoperta di un amore più grande delle nostre fragilità, di un amore che si dona totalmente, ma proprio nel dare tutto manifesta il senso stesso dell’esistenza umana. Gesù proprio perché si abbassa totalmente verrà esaltato nella resurrezione e anche noi  quando sappiamo amare cerchiamo e troviamo questa pienezza.
Persino la situazione difficile che stiamo vivendo ci aiuta a comprendere questo valore essenziale, a capire quanto sia importante avere una autentica solidarietà verso l’altro, quanto sia importante cercare un progetto di vita e un progetto di società umana in cui si smetta di pensare solo a se stessi. E se vediamo quanti privilegi abbiamo avuto fino ad ora, possiamo meglio comprendere le sofferenze degli altri e accorgerci che non si può mai essere felici da soli, ma la felicità si conquista con il servizio e la condivisione.
La Passione di Gesù che meditiamo ci aiuti a capire queste cose così essenziali per realizzare meglio l’esistenza di ciascuno di noi.

GIOVEDI’ SANTO in Coena Domini

E’ molto particolare il contesto in cui celebriamo quest’anno il triduo pasquale e in cui ci è dato di vivere questa Cena del Signore. E’ uno dei momenti vertice della Passione di Gesù e ogni anno ci invita a comprendere meglio il mistero della sua vita donata e il mistero di questo gesto che Gesù di ha ordinato di compiere in sua memoria.
Proprio in un momento in cui la comunità cristiana è privata della possibilità di vivere insieme  il segno dell’Eucaristia, possiamo forse ancor più capirne il valore essenziale per ciascuno di noi. Da quasi un mese ormai le nostre chiese non possono più celebrare in modo pubblico il gesto di Gesù e tutti noi ne soffriamo profondamente. Ogni nostra comunità ha avuto la possibilità di rendersi conto di quanto fosse importante questa celebrazione, che è culmine e fonte di ogni nostra vita cristiana.
La Quaresima che abbiamo trascorso è stato come un grande digiuno, ma se è già difficile per noi vivere qualche gesto di digiuno dal cibo,  ci siamo forse accorti come il vero cibo di cui abbiamo bisogno è proprio quello che ci pone in piena comunione con Gesù, è questo cibo eucaristico che fin dalle origini la comunità cristiana ha considerato essenziale alla sua crescita.
Come bene descrive Paolo nella Lettera ai Corinti, raccontando quello che ha fatto il Signore in questa notte dell’Ultima Cena. E, conclude Paolo, ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.  Il gesto Eucaristico è infatti proprio legato alla morte di Gesù, al suo sacrificio totale sulla croce. Noi riviviamo il mistero del suo sacrificio, la sua morte per noi,  e questo ci fa fare vera memoria di lui. Non la memoria di un ricordo di ciò che ha fatto, ma la memoria viva del suo sacrificio sulla croce, che si ripete veramente in mezzo a noi.
Ripetere il suo gesto ci edifica come comunità di cristiani. Per questo abbiamo sofferto e soffriamo nelle attuali circostanze, perché sappiamo di non poter vivere senza la grazia di questo sacramento.
Tuttavia, proprio questo involontario digiuno ci aiuta paradossalmente a capire meglio l’essenzialità dell’Eucaristia, a desiderarne più profondamente la presenza, a capire la sofferenza  delle comunità cristiane che per vari motivi ne sono in alcuni luoghi del mondo spesso a lungo private.
Non possiamo tuttavia dimenticare che Gesù ha voluto indicare il suo dono sulla croce anche con un altro gesto, quello che ci descrive Giovanni nel Vangelo che abbiamo ascoltato. E’ il gesto del servizio, quello con cui Gesù lava i piedi ai suoi discepoli. Quasi a ricordarci che, se celebriamo l’Eucaristia, poi dobbiamo anche servire i fratelli, perché non si può vivere il gesto di Gesù che dà la vita e poi non essere capaci a nostra volta di donare. E a ricordarci quindi che, se, come in questa situazione, non possiamo celebrare l’Eucaristia, possiamo comunque sempre donare e servire e possiamo così in quest’altro modo vivere i gesti di Gesù.

VENERDI’ SANTO 2020

Oggi, rivivendo il mistero della croce, forse siamo in grado di comprenderlo meglio di altre volte.
La croce e la morte di Gesù ci fanno capire il senso del male e delle tenebre che spesso toccano l’umanità. Noi, abituati alla nostra vita normale, con tutti i privilegi legati alla nostra libertà possiamo forse, anche se molto lontanamente, in questo momento di emergenza,  capire meglio la sofferenza di chi è malato, di chi non può fare quello che vorrebbe, di chi è lontano dal proprio paese e dalla propria famiglia. La croce di Gesù esprime anche tutto il dolore dell’umanità, tutte le sofferenze, tutte le ingiustizie, tutta la povertà della condizione umana.
Però la croce di Gesù è redenzione, è segno dell’amore che va oltre gli sbagli e i peccati dell’umanità, è il dono di sé che supera ogni chiusura e ogni egoismo. Gesù in croce è colui che vince la morte, che apre una strada nuova, che dice a una umanità affaticata quanto il dono e l’amore possano trasformarla.
Gesù questa sera ci accompagna nella preghiera anche attraverso il gesto che abbiamo  ascoltato nella   parola del Vangelo di Giovanni .  Dall’alto della croce, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo dice: “Donna, ecco tuo figlio”. Gesù ci consegna sua madre come ultimo dono, dopo di che è consapevole che tutto è compiuto. La Madonna è invitata ad accettare il sacrificio della morte del figlio e ad assumere questa sua nuova maternità universale. Il discepolo infatti rappresenta tutti noi, tutta la Chiesa. Maria da questo momento è madre di tutti, proprio perché riesce a capire e vivere fino in fondo il mistero della morte di Gesù.
La Madonna, nella oscurità che avvolge quel momento drammatico presso la croce, capisce che quella vocazione che aveva accolto dall’annuncio dell’angelo continua ora in una dimensione nuova, quella di essere madre dell’umanità. Aveva accettato di essere la madre di Gesù, ora le viene chiesto di essere la madre della Chiesa e di tutti.
Ai piedi della croce, come Maria, ciascuno può riscoprire la novità della propria vocazione  e, come lei, coglierne anche una ampiezza nuova.
Ciascuno, come Maria, è chiamato ad un servizio nella propria vita. Il nostro servizio di esseri umani che hanno il compito di amare e di costruire la storia del mondo.  La vocazione del proprio lavoro. La vocazione di chi è genitore, di chi è educatore, di chi è chiamato ad accudire e a sostenere gli altri. La vocazione di chi ha il compito di annunciare il Vangelo, la sua novità e la sua speranza.  Tutte le nostre vocazioni e tutti i nostri impegni si ravvivano e trovano una nuova dimensione sotto la croce di Gesù.
Tutti capiamo che possiamo vivere in modo rinnovato la nostra vita e i nostri impegni perché dal dono totale di Gesù impariamo che ogni nostra vocazione si può dilatare in una amore più grande  e in una capacità di servire molto maggiore.
Ci sono situazioni particolari della storia, come il momento che stiamo vivendo, in cui emerge una capacità maggiore di servire e in cui molte persone sentono il bisogno di una generosità più grande. Oggi presso la croce di Gesù tutti comprendono che questa generosità più grande è possibile, che si possono dilatare i propri orizzonti, che si può vivere in modo più vero la propria vita.

Veglia Pasquale

La veglia che stiamo celebrando è il momento centrale di tutta la liturgia della Chiesa. Nel rapido percorso di questa serata siamo invitati a rileggere tutta la storia della salvezza e a capirla in modo nuovo.
Le letture ascoltate ci ricordano che Dio ha creato il mondo e l’ essere umano, che  Dio ha scelto un cammino di alleanza con Abramo nostro padre nella fede, si è scelto un popolo e lo ha liberato dall’Egitto  perché potesse camminare in libertà, ma soprattutto si è incarnato per condividere e trasformare la condizione umana e aprirci a una nuova libertà in Cristo.
La Pasqua allora, da semplice liberazione di un popolo schiavo, diventa liberazione di tutta l’umanità. L’agnello che simboleggia la prima liberazione, diventa Cristo stesso, che dona il suo sangue per la libertà di tutti.
La notte del mondo può essere inondata di questa luce nuova, la luce della Pasqua, che è la luce di Cristo Risorto. Nei giorni scorsi abbiamo rivissuto  la croce e la morte di Gesù, ma proprio perché Gesù ha amato fino al dono totale  di sé, ha vinto il male e la morte ed è stato esaltato nella novità della vita risorta.
In lui tutti siamo risorti. Certo camminiamo spesso nel buio e nella fatica della nostra condizione umana. Vediamo tutta la debolezza di questa nostra condizione anche nelle particolari sofferenze del tempo presente e di questa emergenza sanitaria, ma sappiamo che Gesù ha vinto il male del mondo.
Sappiamo che anche il potere della morte è sconfitto. Sappiamo che il destino dell’umanità è nella vita e nella pienezza della vita risorta.
Per questo essere cristiani vuol dire proprio essere uomini di speranza, chiamati a scoprire nell’acqua del nostro battesimo la possibilità di una vita nuova. Dalla croce di Cristo è nata una vita nuova e noi, sepolti con Cristo nella sua morte,  siamo risorti con lui per costruire un mondo nuovo.
Questa veglia ci riaffida il nostro compito di cristiani. Non possiamo lasciarci vincere dalla morte o dal dolore del mondo.  Il mondo ha bisogno di speranza  – certamente – e ha anche bisogno di novità perché l’uomo vecchio è sempre in agguato e ci riporta a fare scelte vecchie che lasciano il mondo come è, con le sue violenze, le sue ingiustizie, i suoi egoismi.
La Pasqua ci dice invece che dobbiamo fare scelte nuove, magari un po’ più coraggiose, capaci di metterci a servizio di un mondo rinnovato. Forse anche questo tempo così difficile che stiamo vivendo ci può aiutare a capire qual è la novità di cui abbiamo bisogno. Come possiamo educarci ed educare diversamente in modo che la nostra presenza di cristiani nella società sia davvero un segno di novità.

Santa PASQUA 2020

 

Siamo chiamati a vivere la gioia della Pasqua. La gioia nonostante tutto, nonostante il faticoso periodo che stiamo vivendo e che segna profondamente la nostra riflessione in questi giorni.
Siamo certo preoccupati di tutto questo e ricordiamo le parole del profeta Amos:  “le vostre feste si cambieranno in lutto” per indicare comunque la situazione fragile e precaria della vita umana.
Ma ciò nonostante ci accorgiamo che la forza di Pasqua è più grande. Gesù è voluto morire e risorgere proprio nel contesto della festa ebraica di Pasqua, festa di passaggio dalla schiavitù alla libertà, dall’Egitto alla Terra Promessa, festa del cammino di un popolo e di tutta l’umanità che vuole passare dai suoi errori, dai suoi egoismi personali e sociali ad una libertà nuova dove uomini e popoli abbiano lo spazio di convivere con vera dignità.
Ecco perché noi oggi possiamo annunciare gioia, la gioia del passaggio dalla morte alla vita. La morte c’è e, per quanto ne siamo consapevoli, ci colpisce sempre profondamente quando si manifesta nelle tragedie che toccano l’umanità. Ma c’è anche l’esperienza del Risorto, che rende luminosa ogni situazione, anche la più triste.
E’ l’esperienza degli apostoli che vedono Gesù vivo tra loro, che ricevono il dono dello Spirito, che diventano testimoni fino ai confini del mondo.
E’ l’esperienza di Maria di Magdala che corre ad avvertire i discepoli.
Anche a noi oggi Gesù dice: non piangere sulla situazione umana, ma va’ annuncia la speranza del Risorto. Annuncia la passione e la morte di Gesù, che sono redenzione, vita nuova per l’umanità. Annuncia la vita oltre la morte nella eternità di Dio.
Annuncia il Vangelo, buona notizia per tutti.  Costruisci la Chiesa, perché dove c’è la Chiesa c’è un uomo non più schiavo, ma libero, non più schiavo della morte, ma libero di amare.
Mettiti al servizio di un progetto che inizia con la Pasqua per continuare nei cammini della vita di ciscuno.

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