a cura di don Enzo Cortese

Commento alle Letture di Domenica 27 novembre 2022

Is 2,1-5
Avvento vuol dire venuta. Dobbiamo disabituarci dalla prospettiva del viaggio in cui ci aveva messi Luca
con “il suo viaggio” a Gerusalemme, che dovevamo fare con Gesù. Adesso è Lui che deve venire e noi dobbiamo solo aspettarlo. E’ già cominciata l’attesa commerciale del Natale, dei panettoni, dei regali, del pranzo speciale. Bisognerebbe che ci fosse più raccoglimento, invece di riempirci già la testa di tante cose,
che impediscono a Lui di entrare. L’attesa della fine: I miei vecchi coetanei a volte mi dicono sottovoce che
non hanno paura di morire, ma non possono parlare di questa Sua venuta, perché gli danno sulla voce:
bisogna pensare a vivere e non a morire. Salvo, poi, a sollecitarli, perché vadano in un pensionato; così loro
si levano il disturbo. Quanti vecchi aspettano in silenzio la fine. Il mondo progredito è pieno di vecchi che
aspettano, e vuoto di giovani che vogliono sempre andare. La prima lettura è, appunto giovanile: tutti
devono “andare” a Gerusalemme..” venite saliamo sul monte del Signore ..perché ci insegni le sue vie”..: è il
tema originale di Isaia, uguale a Michea 4, 1ss.; si veda anche il meno antico Zac 14,16. Preghiamo perché,
se di viaggio dobbiamo parlare, sia quello dello spirito, non solo del turismo, alla grotta di Natale; come
quello dei pastori, di cui sentiremo parlare alla fine dell’avvento.

Sal 121 (nella Bibbia 122)
“Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore..” E’ il medesimo salmo di domenica scorsa;
quello dei pellegrini a Gerusalemme. Si ricollega al tema precedente dei profeti. Lo dobbiamo recitare
perché il mondo capisca dove e da Chi dobbiamo andare in questo Avvento.

Rom 13,11-14a
E’ stata scelta una bella pagina, nella seconda parte della lettera, che inizia in Rom 12,1 fino a 15,13 dove
passa a considerare le conseguenze etiche dell’identità cristiana: “Precetti di vita cristiana”; così titola la mia Bibbia all’inizio di Rom 12. Una ricca morale particolare, più personale, è già ampiamente trattata
prima, sulla fede in Gesù e nel Suo Spirito, che deve rinnovarci. Il sottotitolo del nostro brano è,
giustamente ed opportunamente, “l’attesa cristiana”. Finalmente entriamo nel tema proprio dell’Avvento, di cui abbiamo già parlato; non ancora quello “tenero” del Natale. L’attesa, specialmente per noi vecchi, “è più vicina” (v.11). I divertimenti, i pranzi e i capricci ci addormentano: da questo punto di vista sonovaddormentati anche i giovani, nonostante che sia soprattutto invecchiando che viene la voglia di dormire.
Chi non crede ci prende magari in giro (si veda “Aspettando Godot” di S. Beckett). Ma di questo arrivo di
Dio, senza spaventarci, qualcosa di bello all’orizzonte s’intravvede e i nostri morti, che sentiamo ancora
vicini, ci spingono loro a crederci. Non camperemo fino a quando Egli arriverà, alla fine. Ma arriverà per
tutti alla fine della nostra vita. E’ ora di svegliarci.

Mt 24,37-44
Il discorso escatologico (= “sulle ultime cose”) comincia all’inizio del capitolo, ma la Chiesa sceglie oggi il
brano dove per quattro volte si parla della venuta del Figlio dell’uomo” (vv. 37.39.42.44) e se ne parla in
maniera da intendervi anche la nostra morte: “uno sarà preso e l’altro lasciato” (40). Dal punto di vista
religioso il Natale lo guastiamo di più con “dissipazioni, ubriachezze e preoccupazioni materiali” (Lc 21,34),
che non col raccoglimento, di cui parlavamo all’inizio. Chi non pensa secondo il Vangelo ha solo due
alternative: o intontirsi con le dissipazioni o finire per cadere nell’eutanasia, oggi in voga. Questo è lo squallore di chi non crede. Come sono belle e consolanti, invece, le ultime parole della Bibbia: ”Si ; vengo
presto! – Amen! Vieni Signore Gesù” (Apoc. 27,20).

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