a cura di don Enzo Cortese

Commento alle Letture di Domenica 22 gennaio 2023

8,23b-9,3
Fin dall’inizio dell’anno liturgico Papa Francesco ha lodevolmente fissato la giornata della Bibbia.
Bisognerebbe però fare la giornata per sfogliare la Bibbia, perché anche chi frequenta la Chiesa
regolarmente e si nutre quotidianamente di Bibbia finisce per lasciarla intonsa nei propri scaffali.
Il testo di questa domenica è antico, del vero Isaia, ed è l’introduzione al secondo dei tre oracoli del tempo
natalizio, quello del Figlio che ci è stato dato…, letto alla messa di mezzanotte. Ce lo fa ascoltare il Vangelo vdi Matteo, che, finalmente, prende il suo corso nelle letture domenicali di quest’anno, omesse subito le tentazioni di Gesù da leggersi alla prossima Quaresima. All’inizio della vita pubblica in Galilea, Mt solennizza
l’evento citando questo testo isaiano, significativo, originariamente, per la comparsa di quel figlio Ezechia
dell’incredulo re Acaz, e ora, 750 anni dopo, alla comparsa di Gesù adulto in Galilea. E’ questa la vera luce
che ha illuminato il mondo dei credenti e forse anche degli altri, perché le date della storia sono centrate
ormai “a.C.-d.C.” in ogni calendario, di tutti gli uomini, religiosi e atei. Mt applica il testo una trentina di
anni dopo la nascita di Gesù e questa è incerta; forse è avvenuta 6-7 anni prima. Ma la luce che sprigiona
dalle parole e dai fatti di Gesù non è offuscata da questa e da tante altre incertezze cronologiche.

Sal 26 (nella Bibbia 27)
Il Signore è mia luce…Che altra preghiera è più adatta al tema? Prima (vv. 1-6) è l’auto-dichiarazione della
fede e della speranza, fatta dal cantore o dal re al suo popolo. Poi è la preghiera quasi tutta diretta a Dio. Di
essa, prima e seconda parte, non andrebbe persa neanche una virgola.

1 Cor 1,10-13.17
Comincia il primo grande tema della lettera, che per noi sarà anche l’ultimo dei tanti che tratta; è contro le
divisioni nella comunità. Paolo scrive al termine dell’ultimo viaggio missionario, ma è bene ricordare
quando c’è arrivato. Ne veniva da Atene, nel secondo o penultimo viaggio. Là aveva registrato un
fallimento, come narra At 17. A Corinto invece, nonostante la situazione morale pagana, non completamente debellata (1 Cor 5), è riuscito a fondare una roccaforte della fede cristiana, assieme, poi, a vquella di Efeso. A Corinto ha preso la decisione di dedicarsi solo ai pagani, senza ulteriori tentativi nelle
sinagoghe, restandovi un anno e mezzo (At 18,6-11). L’insegnamento più profondo e ampio contro le
divisioni è però alla fine della lettera: 1Cor 12ss. e bisognerebbe leggerselo in questa settimana della
preghiera della Chiesa universale per l’unità, in corso dal 18 al 25. Sembra che le istanze dell’unità siano
sorte specialmente dai fratelli separati nel corso della storia della Chiesa; e potremmo compiacercene,
sentendoci noi già al centro. Ma dobbiamo domandarci a chi tocca di più l’impegno dell’unità. E’ come nella
famiglia: tocca più ai figli o ai genitori? A chi ubbidisce o a chi comanda? Ai separati o ai Cattolici?

Mt 4,12-23
Chiamata dei primi quattro apostoli, già avvenuta prima, almeno parzialmente (Gv 1,35-42), e inizio della
predicazione. Riprendendo il tema delle incertezze, di cui nella 1a lettura, diciamo che non si sa bene
quanto è durata la vita pubblica di Gesù. Dipende anche dal sapere quante Pasque ha celebrato. Se ne
propongono 3, in base a Gv2,13; 6,4; e 11,55-12,1; ma la prima potrebbe essere un anticipo simbolico di
Giovanni: cacciata e disputa dei venditori dal tempio. Corrisponde infatti a quella che i sinottici mettono
prima dell’ultima cena. D’altra parte i Sinottici semplificano le cose nel far iniziare, dopo il Battesimo di
Gesù, la sua vita pubblica tutta in Galilea, conclusa dal solo viaggio finale a Gerusalemme. Gesù, come
indica Giovanni, c’è andato più volte. Basti ricordare il viaggio alla festa della Dedicazione, che non era
neanche una delle tre principali (Gv 7), e i viaggi per gli altri episodi: il paralitico guarito (Gv 5), la donna
adultera (Gv 8), il cieco nato (Gv 9) e le relative dispute. Mi sembra che in tutti e quattro gli Evangelisti si
mostri comunque l’attenzione di Gesù a non lasciarsi prendere in anticipo dai nemici, prima della Pasqua finale. Non per paura di morire ma per poter realizzare il programma delle cose che vuol fare alla fine, non
in qualsiasi momento ma nella nuova ed ultima Pasqua. E’ lì che la luce deve arrivare al massimo splendore.
Questo serva anche come preavviso: non ci metteremo a ricostruire la precisa cronologia della vita di Gesù,
nel meditare sul Vangelo dell’anno A.

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