a cura di don Enzo Cortese

Commento alle Letture di Domenica 20 ottobre 2022

Sap. 11,22-12,2
Quella di Zaccheo nel brano odierno del Vangelo è ritenuta una vera conversione dai liturgisti, che la
preparano scegliendo l’odierno brano sapienziale. Nel libro della Sapienza, assente nel canone ebraico,
anche perché scritto direttamente in greco nel primo secolo a.C., ad Alessandria d’Egitto, la prima parte
(Sap. 1-9) presenta verità importanti messe in bocca a Salomone, specialmente sull’al-di-là, che sentiremo
in settimana, ai Santi. La seconda parte è una preghiera continua (tolto i capp.13s.), con riflessioni
sull’antico episodio dell’esodo dall’Egitto, introdotta da una sorprendente apertura per gli Egiziani, da
sempre considerati i nemici. La misericordia divina nel brano è per loro, per i lontani.
Sal. 144 (nella Bibbia 145)
Come si vede anche dalla forma (solo se si ha la Bibbia in mano!) è alfabetico. E’ un inno di lode alle qualità
divine: grandezza (v.3), clemenza e misericordia (8s.), fedeltà (solo nel geco) e aiuto ai deboli (14ss.),
sviluppato poi fino alla fine (dal v. 17 in poi). Segue ad ogni enunciato impersonale una lode particolare,
rivolta direttamente a Dio. Naturalmente dal salmo si sceglie poi nella liturgia, tra le qualità divine, solo
quella della misericordia, secondo il tema delle letture. Essa è proclamata nell’esodo da Dio stesso: Es. 34,8.
Di lì è rimbalzata nell’Islam: nel Corano ogni capitolo o sura comincia nel nome di Allah “clemente e
misericordioso”.
2Ts. 1,11-2,2.
Nelle ultime domeniche dell’anno liturgico leggeremo l’ultima lettera paolina del canone, prima delle
pastorali, appena lette. Tessalonica è la seconda città evangelizzata da Paolo nel secondo viaggio, dopo la
deviazione e il passaggio dalla Turchia alla Grecia (Macedonia): At17. Insegna per tre sabati nella sinagoga;
si vede che i Giudei locali non hanno ancora preso coscienza delle idee di Paolo, contro il quale quelli della
Turchia già da un pezzo erano insorti. La preoccupazione di Paolo ora riguarda l’attesa della fine del mondo,
che i Tessalonicesi ritenevano imminente e che l’apostolo precisa specialmente in 2,3-12; proprio il brano
che ometteremo.
Lc 19,1-10
Terminata in Lc 18,14 la lunghissima sezione del viaggio lucano, il nostro evangelista si allinea ai sinottici
nel breve tratto da Gerico all’ingresso solenne in Gerusalemme, omettendo ancora molte cose ed
aggiungendo di suo l’episodio di Zaccheo: il Vangelo di questa domenica. Forse l’omissione di Lc 18,18-30
(letta in Mc 10,17-31 l’anno scorso, l’anno B) sul giovane ricco e gli insegnamenti sulla ricchezza servirebbe
per capire meglio il gesto di Zaccheo. Non è la beneficenza d’un ricco, rimasto tale, ma una vera
spogliazione d’un convertito, bella conclusione dei racconti, prima della salita a Gerusalemme. Lui è un
Ebreo (figlio di Abramo: v. 9), come pure Bartimèo, il cieco del Vangelo ora omesso (18,35-43), ma letto
nell’anno B. Allora non è vero che al Suo ritorno il Figlio dell’uomo non troverà la fede sulla terra (18,8)!
Quelli non sono come i farisei, che amano il denaro (16,14).

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