Omelia di Mons. Mario Delpini (Arcivescovo di Milano) durante l’Ordinazione episcopale di Mons. Luigi Testore

Per manifestare il volto della Chiesa di Gesù

  1. Quello che non siamo.

La religione delle chiacchiere, delle parole vuote, delle parole cattive, delle mormorazioni che insinuano sospetti e seminano discredito, delle lamentele deprimenti che diffondono scontento, delle domande che non vogliono ascoltare le risposte, come fanno gli scribi dei farisei (“Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?”): la religione delle chiacchiere non è quella dei discepoli del Signore Gesù.

La religione degli orpelli, dei doni offerti per esibire il donatore piuttosto che per onorare il destinatario, delle devozioni arbitrarie praticate per affermare l’originalità di chi le inventa invece che per aiutare la preghiera sincera dei credenti, la religione che ingombra il tempio di cianfrusaglie come se non sopportasse la semplicità e la sobrietà: la religione degli orpelli non è quella dei discepoli del Signore Gesù.

La religione delle paure, delle pratiche desiderate come rassicuranti per placare un dio che potrebbe arrabbiarsi, delle causalità arbitrarie che interpretano il soffrire come un castigo di Dio, la povertà e il fallimento come il segno di una indifferenza e assenza di Dio: la religione delle paure non è quella dei discepoli del Signore Gesù.

La religione dei mercanti, la religione degli esaltati, la religione dei privilegiati, la religione delle nostalgie, no, non sono queste le forme autorizzate per i discepoli del Signore Gesù.

  1. Lo sguardo misericordioso sulla desolazione della storia.

C’è, infatti, una desolazione nella storia dei popoli e delle persone che diventa grido, che diventa preghiera, che diventa sospiro che ferisce il cuore di Dio. I cuori spezzati, l’oppressione degli schiavi, l’abbruttimento dei prigionieri, la noia dei giorni, le lacrime degli afflitti invocano Dio, lo interrogano, lo commuovono: perciò gli sono venuti a noia gli olocausti e i sacrifici, perciò non può sopportare le chiacchiere e gli orpelli, i mercanti e gli esaltati.

È troppo dolorosa la storia, è troppo ferita l’umanità che Dio ha creato per la gioia, è troppo tribolato questo figlio, questa figlia che Dio conosce, che Dio stima, che Dio ama con tenerezza di Padre.

Perciò lo spirito del Signore scende sul profeta della consolazione, sul Messia unto e inviato per dire lo sguardo misericordioso di Dio sulla desolazione della storia.

Gesù, il Figlio, entra nella storia e nella carne ferita dell’umanità per rivelare la salvezza di Dio e compie la sua rivelazione così come l’evangelista racconta. Vede l’uomo seduto, vede l’uomo rassegnato, vede l’uomo condannato alla ripetizione del suo mestiere come a una etichetta frustrante.

Vede l’uomo seduto, ma vede più in profondità: e vede il suo desiderio o forse il suo sogno di alzarsi in piedi, di essere libero, di essere felice. E lo chiama: Seguimi! Non per meriti, non per dovere, non per una ambizione velleitaria. Seguimi perché io ti chiamo, perché sono stato mandato per guarire e perdonare. Ecco come si compie la salvezza di Dio: come una vocazione che apre a un nuovo orizzonte, che indica un nuovo cammino, che rende partecipi della comunione con Gesù.

  1. La via di Gesù è la via della Chiesa.

I discepoli di Gesù, la comunità cristiana, la Chiesa, seguono Gesù: non conoscono altra via. La Chiesa esiste per rivelare la salvezza di Dio praticando lo stesso stile di Gesù. Esiste per farsi voce di una vocazione che chiama l’uomo seduto perché si alzi in piedi e viva con Gesù, animato dalla speranza abilitato a praticare la carità.

Noi discepoli del Signore dovremo dunque essere voce, dovremo visitare le case di pubblicani e peccatori, essendo noi stessi peccatori, per dire che c’è un medico per i malati, c’è un perdono per i peccatori, c’è un invito alla festa per tutti gli afflitti.

  1. Il vescovo Testore.

Questa predica non è per il Vescovo, ma per praticare insieme l’ascolto della parola che don Luigi ha scelto per interpretare questo momento di grazia e di trepidazione come la sua vocazione.

La conoscenza di don Luigi che risale agli anni del Seminario, l’amicizia con lui che è continuata in questi anni di ministero condiviso mi danno la persuasione che il vescovo Testore sarà un servo fedele della Chiesa che Gesù vuole: con la sua sobrietà e laboriosità, con la sua sincerità e discrezione continuerà ad annunciare che la nostra vita di fede non sopporta la religione delle chiacchiere e degli orpelli, delle paure e della mondanità. E continuerà ad essere voce che chiama, presenza che consola, dedizione che edifica quella comunità capace di rivolgere sulla desolazione della storia lo sguardo misericordioso di Dio.

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