Commento alle Letture di Domenica 8 maggio a cura di don Enzo Cortese

At 13, 14.43-52

Siamo nel primo viaggio missionario di Paolo. Superata già l’isola di Cipro e approdato sulla costa meridionale della Turchia, arriva subito al centro di essa: Antiochia di Pisidia, raggiungendo il traguardo e la conclusione, perché là avviene un primo grande confronto e scontro coi Giudei, dopo il suo grande discorso. Il nostro brano parte, nella settimana seguente, dalle loro reazioni negative al discorso, dalla decisione di Paolo di darsi ai pagani e dalla persecuzione scatenata (v. 50), che lo costringe a tornare già al punto di partenza: l’altra Antiochia, quella di Siria, come leggeremo ancora nella successiva 5a domenica. Da notare l’abbandono dell’impresa di Marco (cioè Giovanni: At 13,13), appena sbarcato in Turchia e, di conseguenza, quella di Barnaba all’inizio del viaggio successivo, con relativo litigio (At 15, 37-40). In mezzo c’è il Concilio di Gerusalemme di At 15 provocato necessariamente dal primo viaggio a suggello e conferma dell’apertura ai pagani. Era giusto, dopo la descrizione del coraggio degli apostoli della 3a domenica, scegliere quest’altra tappa decisiva della storia iniziale della Chiesa.

Sal 99 (100 nella Bibbia)

Nell’antico titolo si dice che è “per il rendimento di grazie” o “todah” (= lode; si veda anche il v.4); un motivo in più per rendere grazie nel tempo pasquale, dopo la prima lettura, per l’universalismo predicato da Paolo e per essere noi parte del gregge e del pascolo divino (v.3), tema che vedremo nel vangelo.

Ap 7, 9.14b-17

Sorvolando i 7 Sigilli (Ap 6) e i 144.000 segnati delle 12 tribù d’Israele (prima parte di Ap 7), ci viene presentata la folla sterminata degli altri salvati. Il quadro è sempre quello di Ap 4s., che è giusto richiamare e spiegare. La visione di Giovanni parte da Dan 7, dove il “Figlio dell’uomo” arriva al trono di Dio e prende il potere universale. Ap 1 ce l’ha presentato nella 2a domenica di Pasqua. Ma ora vien scelto il quadro successivo, dove, al posto del Figlio dell’uomo, vien messo l’agnello sgozzato e ritto, che manifesta il suo potere di disigillare i nodi della storia, agnello omaggiato con Dio, come già in Ap 4s., e circondato dalla folla vestita di bianco. Dobbiamo immedesimarci nello spettacolo, consci di ciò che implica farne parte ed esser vestiti di bianco (Ap 7,14), a completamento della contemplazione di Gesù trionfatore, propostaci dalla Chiesa fin dalla 2a domenica. E’ bello che la scena si concluda dicendo che l’Agnello li pascerà; così s’introduce il tema del Buon Pastore, di cui nel vangelo.

Gv 10, 27-30

Ma il brano scelto non è il discorso noto di Gv 10,1-18 sul Buon Pastore. Qui si parte dal v 27 e dalle discussioni fatte da Gesù a partire dalla festa della Dedicazione (Gv 10,22), che si celebrava in pieno inverno. Il fatto è che la Chiesa vuol parlare del Buon Pastore nella 4a domenica di Pasqua, ma il discorso di Gv 10,1-18, diviso in due, è già usato nella 4a domenica pasquale di A e B, rispettivamente, e per il nostro anno non rimane che “la coda”, separata cronologicamente dal v.22. Prima, siamo ancora nella festa autunnale delle Tende (7.2). I commentatori vogliono strutturare il Vangelo e si basano, gli uni sul vocabolo “sèmeion” (segno), perché Gv comincia a contare il primo (nozze di Cana:2,11) e il secondo (guarigione del figlio dell’ufficiale:4,54); ma poi la conta finisce e nella prima conclusione (20,30) si parla di molti altri “segni”. Altri commentatori si basano su “’eortè” (festa) e mettono in evidenza che in questo vangelo, a differenza dei sinottici, Gesù va a Gerusalemme dalla Galilea nelle feste; non una sola volta, la definitiva, ma più volte. Però dalle ricorrenze non si capisce se sono tre o quattro le pasque e due o tre anni la durata dell’attività intermedia. Meglio non basarsi sui vocaboli. Riporto la posizione del commentario alla Bibbia CEI del 2008 (non so se c’è già un’edizione che la riporti stampata assieme al testo biblico; io l’ho nel volumone-omaggio, dove il commentario è in un volume separato): “Il corpo del racconto è organizzato in due parti: dalla prima Pasqua agli episodi successivi alla risurrezione di Lazzaro (1,19-12,50) e poi dall’ultima cena alle apparizioni del Risorto ai discepoli (13,1-20,31). Nella prima parte la narrazione si snoda attorno alle feste dei Giudei e ai miracoli (o “segni”) e insegnamenti di Gesù; nella seconda si assiste al passaggio dalla Pasqua dei Giudei alla Pasqua di Gesù”. Lasciamoci guidare dalla seconda lettura nel seguire il Pastore, anche se lì chi ci pascola è l’agnello e non il Buon Pastore: è la stessa cosa! Le riflessioni impegnative su come continuare noi nella “Pastorale” la sua missione, laici e preti, restano libere. Forse è meglio!  

 

  

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