
Gen 18,20-32
La prima lettura e il Vangelo continuano i brani della scorsa domenica e il discorso della preghiera. In Gen
18 è la tentata intercessione di Abramo per Sodoma. Preghiera un po’ semplicistica, fallita perché non
c’erano neanche i 10 giusti su cui lui contava. Però essa non va staccata dal resto; è preghiera tutto
l’incontro di Abramo con Dio, dall’inizio. La preghiera, secondo i maestri, è adorazione (e lode) –
ringraziamento-riparazione-domanda. Il fallimento della preghiera dunque è solo parziale. E’ piuttosto
un’accusa a Sodoma, che fa meditare sulle teorie LGBT ostentate oggi da chi vuol “togliere i paletti”
mettendo ancor più in risalto le differenze sessuali e ignorando che gli altri, che non si dovrebbero più
ritenere “normali”, debbono rispettare rigorosamente anche loro le norme cristiane del sesso, almeno al di
fuori del matrimonio cristiano.
Sal 137 (nella Bibbia 138)
Nel Salterio c’è un terzo gruppo di salmi “di Davide”. Di questo, il nostro salmo è il primo. Il fatto che si trovi
alla fine del salterio, staccato dagli altri e le espressioni che si leggono nel gruppo (qui specialmente al v.2,
seconda parte), fanno pensare che si tratti di preghiere d’un re già giubilato. Deve pregare anche lui e per
lui Israele deve farlo. Nel contesto della liturgia di questa domenica potrebbe essere il riconoscimento
dell’efficacia di tutte le preghiere del passato fatte nella nostra vita, oltre che un’esortazione a continuarle.
Anche se a volte non si vede il loro esaudimento, l’esperienza del passato in generale è positiva e
incoraggiante.
Col 2,12-14
Del 2° capitolo della lettera, iniziata il 10 Luglio, questi sono gli unici versetti presi in considerazione. Poi si
riprenderà subito col 3°. Il brano è introdotto con la messa in guardia da una “filosofia” e da raggiri
mondani (2,8), movimento che gli autori oggi chiamano gnosticismo. E’ l’unica volta che nella Bibbia è usata
la parola “filosofia”. Una sola volta ricorre anche la parola “filosofi”, precisata da “Epicurei e Stoici” (At
17,18), sapienti Ateniesi, che, al termine del suo discorso, chiamano Paolo “ciarlatano”. Si tratta piuttosto
di ideologie, forse usate dai seguaci del Giudaismo avversari di Paolo, come quelle di chi, oggi, vuol spiegare
tutto con le proprie idee e i propri schemi, facendo poco ricorso alla fede e alla Chiesa nostra maestra,
ossessionati come siamo da tante teorie sanitarie o politiche o culturali. Paolo taglia corto e invita
all’incontro personale con Gesù e la sua morte in croce, lasciando da parte le dottrine o le mode attuali,
anche quelle di chi fa ricorso ai santoni di oggi, dentro e fuori della Chiesa, occidentali o orientali.
Lc 11,1-13
L’itinerario di Lc nel viaggio dalla Galilea a Gerusalemme non segue tappe e percorsi geografici regolari.
L’incontro di domenica scorsa, con Marta e Maria, ci portava già alle soglie di Gerusalemme, se il posto è
Betania, come in Gv 11. L’itinerario è spirituale e viene spontaneo l’episodio di Maria, seduta ai piedi di
Gesù, di domenica scorsa, di cui il tema di questa domenica è semplicemente la continuazione: il tema della
preghiera. Lc si rifà al discorso della montagna di Mt 6: prima al “Padre nostro” (6,9-13) e poi alla fiducia
nella preghiera (6,25-34 e 7,7-11). Ciò che sorprende è la conclusione di Lc 11,13: il dono dello Spirito come
effetto e traguardo della preghiera. Lc non è così poetico nel descrivere la fiducia richiesta nella preghiera;
sembra più categorico; siamo obbligati ad averla ed essa otterrebbe risultati immediati, come se fosse il
tasto d’una macchinetta automatica del caffè. Ci vuole però lo Spirito, altrimenti non si capisce perché
tante volte non si consegua la grazia richiesta, come oggi la richiesta della pace in Ucraina o della fine della
siccità da noi. Ecco l’importanza di Lc 11,13! E’ questo il risultato importante della preghiera: ottenere lo
spirito di preghiera. Cosa che, come si vedrà subito dopo, non hanno quelli che chiedono ancora “segni dal cielo” o accusano Gesù, quando li fa, di essere amico del diavolo.