Commento alle Letture di domenica 20 marzo 2022 a cura di don Enzo Cortese

20 marzo
Es 3,1-8a.13-15
Nel mio unico pellegrinaggio al Sinai, dopo il 1995, ho comprato da un ragazzo beduino un pezzo di roccia rossa, squadrata, meno d’un quarto di mattone, pieno di fili d’erba verde scuro. Li chiamano dendriti (il greco “dendros” vuol dire pianta, piantina). Compagni di viaggio mi hanno fotografato, seduto col beduino sulla roccia, ai piedi del monte. Nella foto si vedono piantine verdi nella roccia. Gli scienziati, sui dendriti, non pensano a collegarli con Es 3, né i biblisti collegano Es 3 con i dendriti degli scienziati. Ma vedendo il cubetto viene spontaneo chiedersi il perché e il percome dei fili verdi. Come Mosè in Es 3,3! Mi sembra che i fili non inceneriti dalla lava incandescente testimonino sul Sinai che Dio non si lascia distruggere da niente e faccia intravedere la risurrezione. E’ la scoperta del monoteismo fatta da Mosè, dopo il 1300 a.C. Gli aveva aperto la strada il faraone Achenaton (=Amenofis IV, 1370-1352, secondo la tavola cronologica della mia Bibbia). Ha voluto eliminare il politeismo della sua religione egiziana, ma proclamando dio il sole; una riforma subito eliminata dai sacerdoti egiziani alla sua morte. Nel Sal 104, nella parte centrale dove si loda Dio per il sole, è conservato un brano dell’inno al dio sole di quel faraone, opportunamente corretto. Il Dio di Mosè, liberatore degli Ebrei, messo in cima alla struttura mentale dell’uomo, gli riordina la visione della realtà e lo mette in pace. Oggi non è più così e gli uomini fanno sempre più ricorso a psicologi e psichiatri, per combattere le loro ansietà e depressioni. Vale la pena ricordare lo “shemà” (=ascolta Israele…) di Deut 6,4ss., dov’è conservata l’antica voce di Mosè. Essa si è precisata con Gesù in un monoteismo trinitario, insegnato dalla S. Madre Chiesa, alla quale farebbero bene a tornare quelli che hanno perso la strada.
Sal 103 (102 nel Lezionario)
Il ritorno a Dio si chiama conversione. In 103,7 si dice proprio che Dio “fece conoscere a Mosè le sue vie” e che è “misericordioso e pietoso”. Questa benevolenza e misericordia vi è descritta con la formula di Es 34,6s. Dura per mille generazioni. Come abbiamo già visto tempo fa (domenica 20 febbr.), il salmo omette la citazione delle punizioni fino alla quarta generazione. Niente castighi; solo misericordia.
1 Cor 10,3-6.10-12
Nel cammino quaresimale i Cristiani sono ammoniti da S. Paolo sul rischio di non arrivare al traguardo. Non solo quelli che hanno perso la strada, ma anche noi. Dopo l’inizio della quaresima possiamo perdere il ritmo. Quanti amici del passato non hanno raggiunto la mèta, dentro e fuori quaresima! Quanti cristiani oggi lo stanno facendo, attratti dal male, descritto anche dai vv.7s., che sarebbe meglio non saltare!
Lc 13,1-9
Siamo nel cosiddetto “viaggio lucano” (Lc 9,51-18,14), l’ampia sezione dove Lc mette gran parte di ciò che aggiunge rispetto agli altri due sinottici. Ma in questa quaresima ne leggeremo solo due brani. Lo riprenderemo finiti i tempi forti. Alla fine di Giugno si ricomincerà la lettura progressiva di Lc, proprio partendo da 9,51. Il viaggio lucano vuol essere un’occasione per la formazione degli apostoli prima della fine, tra il secondo (9,44…) e il terzo (18,31…) annuncio della sua passione. Ogni tanto vi si esprimono anche i sentimenti di Gesù: anche Lui, nel viaggio, si prepara alla sua morte.Il nostro brano viene subito dopo le dichiarazioni “infuocate” sulla sua missione (12,49-54) e la lettura dei “segni dei tempi”(12,54-59), che potrebbe alludere alla distruzione di Gerusalemme, avvenuta proprio al tempo della stesura di questo vangelo. Mi sembra che Gesù, esortandoci a fare penitenza per “non perire tutti allo stesso modo”manifesti anche le ansie della sua vicinanza alla morte. Di fronte alle sventure ricordate nel nostro brano, l’esortazione minacciosa vien bene adesso, nella nostra quaresima funestata dalla guerra in Ucraina!

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