
Gen 18,1-10
Per introdurci al vangelo di Marta e Maria, si è scelta una delle immagini più belle dell’AT sull’incontro di Abramo e Sara con il Dio dei tre personaggi misteriosi, che gli rivelano il grande progetto sul figlio Isacco. Per lui Abramo allontanerà Ismaele, figlio della schiava. Due dei tre personaggi andranno a Sodoma, già destinata alla distruzione, per salvarvi non la moglie, rimasta statua di sale, mentre lu, Lot e le figlie arriveranno in Transgiordania, dove, ubriacandolo, esse faranno nascere Moabiti e Ammoniti, con cui Israele avrà a che fare, quando arriverà con Mosè alle soglie della terra promessa. Il tutto nasce dall’ospitalità premurosa di Abramo, che diventa il modello supremo dell’incontro con Dio. L’ha mostrato l’icona di Rublew (Mosca,nel 1422 circa). I tre Personaggi dell’icona sono tre angeli, con il capo inclinato verso una tavola, su cui i due laterali sono seduti a fianco di un semplice calice eucaristico, di cui l’angelo centrale è il sacerdote. Il pittore fa compiere ai tre di Gen 18 e a noi un’accelerazione vertiginosa verso il dono dell’eucaristia, modello dell’incontro con Gesù, cui Maria sorella di Lazzaro fa gli onori di casa, “scegliendo la parte migliore”. Questo incontro ci viene proposto in un momento di caldo infuocato, quando tutti cercano altri rifugi,al mare o ai monti.
Sal 14 (15 nella Bibbia)
Il salmo è preghiera solo nel primo versetto, poi è una specie di esame di coscienza, proposto probabilmente al re e ai suoi funzionari in qualche cerimonia regale, e divenuto poi preparazione anche alla preghiera privata, specialmente per chi vuol entrare nel tempio; l’hanno chiamato “liturgia alle porte del tempio”. Ci ammonisce sull’importanza della purificazione e preparazione dell’incontro con Dio, tema di questa liturgia domenicale. Nella quale siamo già invitati sempre con il “confesso” iniziale o altre analoghe formule.
Col 1,24-28
Sorprende in questi versetti l’insistenza sulla parola “mistero” (1,26s. e2,2), così come nella simile lettera agli Efesini (1,9 e soprattutto 3,3s.); ricordiamo ancora solo il precedente Rom16,25, conclusione eloquente della lettera. Nel nostro brano appare qual è l’oggetto delle riflessioni dell’apostolo verso la fine delle sue fatiche: perché mai Gesù, dopo averlo convertito, lo ha spinto alla missione e alla apertura ulteriore rispetto a quella iniziale della Chiesa. Così il vangelo si è aperto completamente al mondo: ai gentili, senza escludere i precedenti destinatari. Ma la parte più bella della sua predicazione è quella che abbiamo letto domenica scorsa, sulla centralità cosmica del verbo, creatore e di Gesù centro dell’universo, colla sua passione e morte redentrice.
Lc 10,38-42
La scena di Marta e Maria è ignota agli altri sinottici, ma questa famiglia è nota anche a Giovanni, che narra morte e risurrezione di Lazzaro in Gv. 11. Alle rimostranze di Marta, Gesù risponde educatamente; non dimentica i vantaggi del trattamento a tavola riservatogli da lei: “bastano poche cose”; è la prima parte della sua risposta. Una particella greca “hè” (hèta) introduce la seconda: potrebbe tradursi “anzi”, come un invito a cose più importanti, su cui anche Marta è d’accordo. Poco fa ho sentito al telefono una madre che da quasi 60 anni assiste la figlia sempre più mal ridotta, 24 ore su 24. Frequentemente va in chiesa e dice che quei momenti le danno una forza, che ormai non avrebbe più per gli acciacchi e l’età. La Maria di questo vangelo ci ammonisce sul pericolo di svilire la nostra devozione eucaristica, limitandola alla Messa, con la fretta, l’abitudine e altri impegni o distrazioni. Don Enzo Cortese