Una sfida per la Chiesa di Acqui? Costruire il proprio futuro a partire dalle proprie debolezze

Una sfida per la Chiesa di Acqui? Costruire il proprio futuro a partire dalle proprie debolezze. Di queste siamo veramente ricchi… e non ce ne rendiamo conto! O meglio, quando ce ne rendiamo conto a volte ce ne vergogniamo, altre le snobbiamo o le disprezziamo, più spesso le scarichiamo, quasi toccassero gli altri e non noi, che ce ne tiriamo fuori. Ma se siamo su una stessa barca il destino di tutti è unico…

Abbiamo uno sterminato patrimonio di debolezze che aspetta solo di essere sfruttato.

Un patrimonio fatto di…

… saggezza, perché è dagli errori che s’impara

…umiltà, perché gli sbagli ci insegnano a lavorare sodo, volando bassi

… vicinanza alla gente, perché i nostri punti deboli sono gli stessi della società in cui viviamo.

Non abbiamo dunque da giudicare nessuno, ma da condividere con tutti quelli che lo vogliono. Oggi, come in passato, la nostra fede diventa missione convincente solo se parla e vive di vicinanza. Essere deboli e sentirci peccatori è un ottimo punto di partenza. Ma non per restare lì a crogiolarci nelle nostre frustrazioni o dissimulazioni, ma per guardare avanti.

Un primo passo è quello di smetterla di sentirci l’ultima ruota del carro: la nostra storia, la bellezza dei nostri posti, la varietà delle esperienze ecclesiali che ci sono da noi ce lo impedisce. Sapersi deboli non significa sentirsi l’ultima ruota del carro: le fragilità nostre sono quelle della Chiesa tutta. E qual è la principale fragilità della nostra Chiesa? Usare le parole del Concilio Vaticano II, ma vivere con la mentalità preconciliare. Su tutto: la devozione, la liturgia, la carità, la catechesi, l’uso del denaro, la gestione del potere.

Per superare in concreto questi limiti, che possono diventare le nostre potenzialità, lo Spirito ci è venuto in aiuto con 2 doni. Il primo è papa Francesco, che è il più aggiornato traduttore del Vangelo per la vita di oggi: basterebbe ascoltarlo e provare a mettere in pratica quello che dice, piuttosto che citarlo semplicemente, e ce ne sarebbe davanzo.

Un altro è Mons. Redaelli, il Visitatore apostolico, che ci sta aiutando a mettere in ordine i nostri limiti, per darci le risorse che ci saranno utili per costruire in futuro sulle nostre virtù.

Mi piace parafrasare alcune indicazioni pastorali che ci ha dato in occasione della storica (perché a memoria d’uomo non risulta essercene stata un’altra) riunione congiunta del Consiglio presbiterale col Consiglio Pastorale diocesano.

Per trasformare in risorse i nostri limiti dobbiamo:

  • FARCI LE DOMANDE GIUSTE: di fronte a qualunque scelta che ci troviamo a fare non dobbiamo chiederci “quanto ci rende,… o quanto ci costa,… o chi ci guadagna,… ma solamente: “questa iniziativa o questa struttura serve alla comunione, alla missione e alla carità nella Chiesa?”. Se “sì” andremo avanti, se non serve si farà d’altro.
  • Aiutare a far crescere una maggiore MATURITA’: proprio perché viviamo ancora con la testa e il cuore nel pre-Concilio, c’illudiamo che la Chiesa sia un’area protetta, dove il fine giustifica i mezzi, la legge è un blando riferimento, la complessità della nostra società un inutile fastidio. Non è più così. Se continuiamo a proporre la fede alla gente col biberon, senza mai passare allo svezzamento chiedendo scelte responsabili, ci troveremo sempre al palo. E per avere cristiani più responsabili dovremo accettare che ci siano cristiani più liberi: perché la responsabilità cresce solo nella libertà. E questo fa paura a tanti.
  • Aumentare la nostra COMPETENZA: non quella dello specialista o del tuttologo, anche questa figlia dell’idea medievale di una Summa teologica che alberga ancora in noi, ma quella del buon padre e madre di famiglia, che non sanno tutto, ma riescono ad attivare le risorse giuste e al momento opportuno per la loro famiglia. E la competenza cresce se ci pensiamo come “famiglia”, cioè vera comunità: lavorare insieme fa meno danni che continuare col vecchio sistema dell’ “ognuno per sé e Dio per tutti”.
  • Il criterio principale è l’ECCLESIALITA’: non è un riferimento generico, non è un “volemose bene” formato parrocchia, ma una scelta gravida di conseguenze. Se ragiono “come Chiesa” non posso più pensare a difendere i miei confini parrocchiali, ad andare solo alla mia Messa, a seguire solo il mio parroco, a stare nel mio gruppo. Ma mi chiederò come la mia parrocchia, la mia Messa, il mio gruppo, la mia vita potranno diventare missione a servizio di una Chiesa che è solo missionaria e non altro.

E qui capita a fagiolo il Giubileo della Cattedrale che è in corso e che ci guiderà a riscoprire le radici della nostra Chiesa di mattoni e di persone. E’ un’occasione che ci dà il nostro Vescovo per realizzare quei percorsi, quelle esperienze di fratellanza, quelle occasioni di reciprocità che, forse, non sono state del tutto sfruttate in occasione del Giubileo della Misericordia.

Quanto spazio per le nostre debolezze!

Ora il percorso verso il Giubileo della Cattedrale, che avrà il suo culmine nel mese di Novembre 2017, è un ulteriore occasione per riflettere ed agire, un ulteriore Momento di Grazia che il Signore ci mette a disposizione per esercitare nel concreto la  Misericordia che in questo anno abbiamo (speriamo) imparato.

Mauro

 

 

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