
Ab 1,2-3;2,2-4
Siccome il vangelo comincerà col tema della fede, la Chiesa prende il brano classico, cavallo di battaglia di S.
Paolo, sulla giustificazione: siamo giustificati e salvati non per le opere della Legge, cioè del Pentateuco, ma
per la fede in Cristo (Rom 1,17). Paolo si basa su Ab 2,4, ma è opportuno risalire al punto di partenza del
discorso. Che non è sufficiente cogliere solo in Ab 1,2s. Bisogna seguire tutto il brano intermedio. Non solo
il lamento del profeta sull’iniquità e l’oppressione, sia all’interno di Israele e sia all’esterno per la minaccia incombente dei Babilonesi del VI sec. a.C. (i Caldei:1,6). Di queste situazioni ha continuato a lamentarsi
Israele per tanti secoli e continuiamo ancora a lamentarci noi. Abacuc attende la risposta divina (2,1); poi
torna il testo, già ricordato.
Sal 94 (nella Bibbia 95)
Fa parte del 4° libro del Salterio, quello dove si trovano i Salmi di JHWH-re. Anche in 95,3 si proclama la sua
regalità e la nostra appartenenza al suo gregge (95,7), che include l’obbligo di ascoltare la sua voce e il
ricordo minaccioso delle disubbidienze e della conseguente esclusione dalla terra dei colpevoli. Tale
conclusione negativa del salmo (v.11) non è riportata qui, ma si veda Eb 3, che non ha paura di minacciare
anche noi cristiani.
2 Tim 1,6-8.13-14
Passiamo alla seconda “lettera pastorale”, dopo la…”scorsa” data alla prima, nelle precedenti domeniche.
Qui toccheremo con mano i sentimenti preziosi di Paolo, ormai alla fine, nel carcere romano. Un Paolo
sempre concentrato e deciso nella sua missione. Nel brano iniziale, desidera rafforzare Timoteo a Efeso,
dove l’ha incaricato di reggere l’altro centro importante della cristianità da lui fondata, dopo Corinto. Di
quella fede, che è pure il tema di questa domenica, leggiamo nel v,12 una commovente testimonianza e
alla fine (v.14) la raccomandazione di conservarla in quella chiesa “per mezzo della Spirito Santo”.
Lc 17,5-10
Il brano, che non comincia il capitolo dall’inizio col tema degli scandali (vv.1-4), fa eco al cosiddetto
“discorso ecclesiale” di Mt 18. Lì la preoccupazione è quella delle autorità, che devono regolare e
proteggere la Chiesa dagli scandali, la gestione della preghiera comunitaria e la amministrazione del
perdono dei peccati. Qui Lc vede le cose dal punto di vista generale; così il perdono diventa l’obbligo di
perdonare le offese. Il brano comincia con il tema della fede, che è preso nella liturgia di questa domenica
come tema principale delle letture. In tutto il “viaggio lucano” (Lc 9,51-18,14) che stiamo leggendo non si
era ancora parlato della fede, come, invece, d’ora in poi. Prima era stata trattata diversamente (Lc 5,20; 7,9
e 50; 8,25.48.50): era quella che Gesù stesso ammirava nei miracoli individuali compiuti. C’era già il
rimprovero agli apostoli in quello della tempesta sedata (8,25)! La fede che gli Apostoli chiedono ora a Gesù
è una cosa più grossa. Lo richiedono gli argomenti mondiali dell’ingiustizia, delle vicende del regno nel
mondo, letti nei vangeli delle domeniche estive, vicende di cui gli apostoli cominciano forse a sentirsi
responsabili, verso la fine del viaggio. Tra qualche domenica sentiremo l’interrogazione o il lamento, se è
tale, di Gesù stesso sulla scomparsa della fede al suo ritorno (18,8). Importante è poi l’istruzione a lavorare
indefessamente. Solo Luca la conclude dicendo che, a lavoro compiuto, siamo sempre servi inutili.