
Isaia 50,4-7
Sembra inevitabile nella settimana santa parlare non solo del 3° poema del servo di JHWH, ma di tutti e quattro i poemi sparsi nel testo del Deutero -Isaia, del quale abbiamo parlato la volta scorsa. I quattro poemi o canti del “servo” sono: Is 42,1-4; 49,1-6; 50,4-9a; 52,13-53,12. La liturgia ce li fa leggere: il 1° al lunedì 11; il 2° al martedì; il 3° di nuovo al mercoledì e il 4° al venerdì. Sono facilmente staccabili dal contesto e le nostre bibbie li dichiarano appunto i quattro poemi del servo. Vanno ritenuti inseriti dopo, nel contesto dei discorsi del profeta agli Ebrei esuli a Babilonia e poi a Gerusalemme. Nel 1° è Dio stesso che lo presenta”Ecco il mio servo..”, come poi nei vangeli al momento del battesimo di Gesù, inizio della sua vita pubblica. Nel 2° è lo stesso servo che si presenta e parla della sua difficile missione, non solo per Israele ma“..luce delle nazioni..fino alle estremità della terra.”(mentre nel contesto anteriore il liberatore, l’imperatore persiano, citato poi in Is 44,28 e 45,1, è per Israele). Nel 3° si badi ai vv. 50,3 e 9b,che erano uniti prima dell’inserzione di 50,4-9a, e sono ripresi poi in 51,6! Negli ultimi due parla il profeta e nell’ultimo, alla fine (53,11s.), ancora Dio; come all’inizio, nel primo! Le pene che il servo deve sopportare sono, nel 3°, umiliazioni e schiaffi, in un processo che, nel 4°, si conclude con una morte ignominiosa, dopo la quale arriva la risurrezione. Tra le discordanti spiegazioni su chi sia il servo, tanti immaginano che si tratti di qualche personaggio della storia d’Israele, magari un profeta o tutto Israele e che la sua passione e morte sia poi “applicata” dai cristiani a Gesù; applicazione che viene chiamata, alla leggera, “midrash”, fatto dai vangeli e da tutto il NT. Così si dovrebbe concludere che per secoli, prima del NT, nessuno sapeva che si tratta di Gesù, messia sofferente, e che questo significato è appioppato al testo da un’esegesi midrashica del NT, valida solo per chi è cristiano. E’ abbastanza facile, comunque, accorgersi che il personaggio è un re, anche per i lettori non cristiani. Così si apre la porta all’interpretazione messianica: mashih= unto= re. Naturalmente dobbiamo escludere che nell’AT vedessero nei poemi la descrizione della passione e morte di Gesù. La possiamo vedere noi, perché conosciamo la storia dai vangeli. Ma nell’AT, almeno a partire dalla morte del re Giosia (609 a.C.), si è cominciato e riflettere sul perché della morte del re. 2Cron 35,25 dice chiaramente che, ad opera di Geremia, sono cominciati lamenti e canti funebri per la morte del re. E’ logico pensare che il tema fu continuato ed approfondito specialmente alla fine della monarchia, alla morte dell’ultimo re Sedecia (il sinonimo è sedek di JHWH, cioè la giustizia di Dio), che la volta scorsa abbiamo visto accecato e condotto schiavo in esilio. Dunque nell’AT hanno capito e vissuto drammaticamente il mistero della morte espiatrice del re d’Israele e il NT non ha inventato niente: altro che midrash! Naturalmente non si può pretendere che gli Ebrei interpretino i poemi come descrizione della passione, morte e risurrezione di Gesù. Cercheranno di interpretare la missione del servo come loro missione (nel contesto primitivo del Dt-Is Israele è detto spesso “servo”), anche se diventa loro difficile mantenere questa tesi nel 4° poema, dove Israele risulta salvato dal servo. Infine debbo ancora ricordare miei studi (una conferenza a Roma sui canti del Servo, pubblicata nel 2002 e ripubblicata in “Il tempo della fine”, nel 2010; e, per il successivo salmo, una in Argentina nel 1993 e a Roma nel 1995 sul Sal 22), non per esibizionismo ma per mostrare che, nel caos dell’esegesi, le mie affermazioni qui non sono fatte alla leggera.
Sal 22 (nel lezionario 21)
E’ indispensabile leggersi tutto il salmo, compresa la parte finale sulla risurrezione del messia (da 22,22b in poi): si vedrà quanto sono identiche le sue espressioni, specialmente alla fine (sulla risurrezione), con quelle del 4° poema del Servo e come sia sapiente la combinazione dei testi della liturgia nella settimana santa. Anche questo salmo è nato nell’atmosfera delle riflessioni del culto ebraico sulla morte espiatrice del re!
Fil 2,6-11
L’abbiamo già commentato la volta scorsa. Ammiriamo ancora l’antica sapienza della liturgia che all’inizio della settimana santa ci fa riflettere, come i primi cristiani, sull’umiliazione e la risurrezione del Signore, piegando le ginocchia di fronte al mistero.
Lc 22,14-23,56
Il “Passio” di Lc, il vangelo che poi abbandoneremo, preferendo Giovanni in tutto il tempo pasquale, non ha molte differenze da quello degli altri sinottici. Trasporta nell’ultima cena le ambizioni di carriera degli apostoli (22,24-30), mette un avviso di Gesù sul duro cambio della missione, d’ora in poi senza di Lui (22,35-38) e aggiunge un incontro con Erode Antipa, dove il silenzio di Gesù è il più grande rimprovero per la sua uccisione di Giovanni Battista (23,8-12). Lc tace sulla fine di Giuda, sugli scherni al re-Messia imprigionato, sulle sentinelle per il cadavere nel sepolcro. Le altre riflessioni le lasciamo ai lettori, anche perché la predica al Passio solitamente non si fa. Ci facciamo solo gli auguri!