
Catechesi quaresimale diocesana con S.E. Mons.Luigi Testore
Da comunicazionisociali@diocesidiacqui.it
A piroddim , lancora
Data martedì 5 aprile 2022 – 09:51
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Giovedì 31 marzo si è svolto il secondo incontro di catechesi quaresimale diocesana che si è sviluppato intorno alla lettura di un passo tratto dal libro di Giobbe.
Ancora una volta il prof. Marco Forin, dopo un momento di preghiera, ha introdotto l’argomento con un’analisi esegetica e storica per consentire di meglio comprendere il testo, il Vescovo ha poi commentato suggerendo alcuni interessanti e stimolanti spunti di riflessione. In particolare ha posto l’accento sul rapporto tra l’uomo e l’accoglimento che lo stesso ha nei confronti del progetto di Dio, delle situazioni di dolore che toccano la condizione umana. Un invito a saper cogliere la globalità del progetto di Dio e a capire il mondo dal punto di vista di Dio.
E’ poi seguita un’intensa testimonianza di suor Rossella, la custode del Santuario della Beata Teresa Bracco in Santa Giulia di Dego, Di seguito riportiamo le sue parole per dare occasione a tutti di poterle leggere e meditare.
“Quando mi è stato chiesto di esporre brevemente questa sera la mia esperienza di vita eremitica mi sono rivista seduta sul treno che dal mio paese nativo portava a Torino…era il 21 novembre di quindici anni fa e solo qualche giorno prima si erano realizzate nella mia vita le parole del profeta Osea: “Ti farò mia sposa per sempre. Ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore. Ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore”. Stavo infatti rientrando nella mia fraternità dopo avere emesso i voti perpetui come missionaria.
Quel giorno mi sono seduta sul treno accanto a un giovane africano che ha incominciato un dialogo che dall’argomento generico del tempo si era fatto sempre più profondo fino a giungere ad una condivisione della sua tanto sofferta vita.Dopo un lungo ascolto mi aveva chiesto se ero una suora e dopo averne avuto confermami aveva domandato di pregare per lui. “Certo, sarà fatto”, gli risposi, ma poi giunsero quelle parole che in un primo momento mi spiazzarono. “No, ora, ora prega per me”. Poi mi fissò, con quei suoi occhi scuri, che nella loro profondità mi chiedevano compassione. Quello sguardo mi è rimasto impresso, indelebile nella memoria e nel cuore e quando ci penso è come se lo rivedessi ancora davanti a me. In quel momento quel giovane non mi stava chiedendo soldi, un pezzo di pane, una giacca con cui vestirsi, mi stava chiedendo ben altro, qualcosa di più, qualcosa di insostituibile…
Allora, figlia di san Francesco, mi venne spontaneo di dargli la benedizione facendogli un segno di croce sulla fronte e pronunciando le parole che nostro padre Francesco utilizzava quando benediva i suoi fratelli: “Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il Suo volto e abbia misericordia di te, rivolga verso di te il Suo sguardo e ti doni la Sua pace” Lui si tolse il cappello e me la richiese una seconda volta. Non so di che credo fosse, non glielo chiesi, non so se fosse cristiano o mussulmano perché non fece mai un segno della croce, ma dopo che terminai la preghiera, lui stesso volle pregare per me e con parole piene di benedizione.
Dopo qualche giorno fui inviata per alcuni anni in una fraternità a servire i nostri fratelli più poveri in un centro dell’istituto, porgendo loro un pasto caldo, un vestito dignitoso, un’attenzione di ascolto o una parola di conforto…ma sempre serbavo e meditavo quell’incontro finché un giorno non compresi quel qualcosa di più, di insostituibile che quel fratello mi aveva chiesto: la carità di una preghiera!
“Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto.” (Gb 42,5)
E allora eccomi qui da ormai quattro anni a Santa Giulia, come custode del santuario beata Teresa Bracco, immersa in un altro stile di vita, quello eremitico, del silenzio, del nascondimento, della quotidianità…di Nazareth, ma sempre sospinta da quella forza e passione “missionaria” per la chiesa e per il mondo, di vivere la carità verso i fratelli: la carità di alcuni attimi di ascolto, di uno sguardo di tenerezza, di un sorriso, di una parola di conforto…la carità di una preghiera!
Si sale sul monte per “stare” soli con Gesù, il Solo: per tuffarsi in Lui, per perdersi in Lui e lasciarsi possedere dal Suo Amore, pellegrini in cerca di infinto e assetati di Assoluto…si scende dal monte per “stare” di fronte ai fratelli e ricercare in loro la Sua presenza.
Si sale sul monte per conoscere il Bene, Tutto il Bene, il Sommo Bene…si scende dal monte per riconoscerlo nel Creato, nelle creature, nei fratelli, nella vita di tutti i giorni diventando costruttori di Bene nel qui ed ora.
Si sale sul monte per ascoltare la Voce del silenzio che ti avvolge, ti scardina dalle sicurezze, ti spoglia dalle certezze, ti ripulisce dalla polvere del cammino, ti sussurra parole nuove…
Sì si sale sul monte per lasciarsi trasfigurare e lasciarsi fecondare dall’Amore…si scende dal monte dentro la storia degli uomini per costruire ponti, relazioni nuove e pacifiche, relazioni umane riempite da sentimenti di tenerezza e di affetto, di comprensione e di fiducia…
Si sale sul monte per vivere sotto lo sguardo di Dio e nel vuoto del resto…si scende dal monte per abitare l’essenziale, la condivisione, la fiducia nella Provvidenza.
“Il Signore ristabilì la sorte di Giobbe, dopo che egli ebbe pregato per i suoi amici.” (Gb 42,10)
Si sale sul monte per cercare sopra ogni cosa lo Spirito del Signore e la Sua santa operazione e lasciarsi illuminare…si scende dal monte dentro la storia dei fratelli per condividerne speranza, luce, liberazione, pace, per custodire e prendersi cura della vita nell’altro perché solo vivendo l’amore ai fratelli il silenzio diventa vero ascolto della Parola di Dio e il dialogo con Dio ci consente di portarla agli altri.
“Ascoltami e io parlerò, io ti interrogherò e tu mi istruirai.!” (Gb 42,4)
Si sale sul monte e nella notte dove Dio ci fa partecipi del Suo mistero. Sul monte accanto a Maria, sotto la croce, per imparare da lei la compassione “donna, ecco tuo figlio, figlio, ecco tua madre”…si scende dal monte dentro la sofferenza, il dolore, la morte per patire con i fratelli e con un cuore infuocato dalla passione dell’Amore essere pellegrini sulle strade della vita cantando, anche e proprio sotto la croce, il Magnificat.
“Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile.” (Gb 42,2)
Qui sul monte lo sguardo tocca il cielo e i piedi sfiorano la terra, ti scopri creatura impastata di umano e di divino; il silenzio parla; l’assenza diventa Presenza; il vuoto si colma di Pienezza; la fatica lascia il posto al riposo nel Cuore misericordioso di Cristo e Dio si riposa nel cuore della Sua creatura.
“Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere.” (Gb 42,6)
Qui sul monte il vivere quotidiano si dispiega nelle pieghe del presente in un tempo che non è più da divorare con frenesia, da riempire in un ritmo incessante di ricerca di novità, da consumare prima che sia troppo tardi,da soffocare con il tutto e subito, da rincorrere con affanno…ma in un tempo che è di Dio e che per questo appartiene all’uomo nell’ascolto del giorno e della notte, della ciclicità dell’esistenza, del ritmo delle stagioni, del battito della Vita nel Creato che ci circonda…è il tempo dell’attesa: del seme che marcisce nella terra, che germoglia, che cresce, che spande la fragranza dei suoi fiori, che aspetta pazientemente la maturazione dei frutti, che dona fecondità.
Qui sul monte davanti al Santo dei santi attimi diventano eternità…sospiri diventano respiri per l’uomo affannato e stanco sulle strade della vita, lacrime diventano sprazzi improvvisi di consolazione per l’uomo chinato e smarrito sotto il peso della croce, canti di gioia diventano melodie sussurrate dallo Spirito all’orecchio di chi è nello sconforto…qui sul monte la carità di una preghiera. Allora ecco che lo spazio si annulla e l’annuncio della salvezza varca monti, colli, mari, fiumi e la grazia di Dio raggiunge l’uomo più lontano. Il cuore si dilata, l’anima viaggia carica di compassione per riversarla sull’uomo del nostro tempo perché possa ritornare a credere nel Padre di ogni bontà e ad invocare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze: “Vieni Signore Gesù”
Qui sul monte riecheggia in continuazione la Parola: “Ascolta Israele”. “Questi è il figlio mio, l’eletto. Ascoltatelo.” La vita svela il Volto della vita di Cristo e della verità dell’uomo. L’unità dell’essere si esprime come distanza e solitudine, come compagnia e comunione, come stabilità e stanzialità, come viaggio e pellegrinaggio,come condivisione e servizio. L’accoglienza e l’ascolto diventano tempo sacro e la vita di ogni fratello che si incontra terra sacra davanti alla quale togliersi i sandali. L’essere, prima che il fare, si esprimono sia nel servizio nascosto e silenzioso come quello di Marta, che nella contemplazione operosa di Maria e si fondono in tutt’uno. Si è spronati incessantemente dalle parole di San Francesco: “Cominciamo fratelli a servire il Signore Dio perché finora abbiamo fatto poco o con nessuno profitto.”
Qui sul monte la Voce del silenzio nel silenzio ti permette di ricercare i tesori del cielo, e non quelli della terra, e diventa memoria del fine ultimo di ogni esistenza: conformarsi pienamente a Cristo, quel qualcosa di più, quel qualcosa di insostituibile, quella “parte migliore da scegliere, la sola cosa di cui c’è bisogno e che non ci sarà mai tolta”.
“Davvero ho esposto cose che non capisco”, fino in fondo, “cose troppo meravigliose per me, che non comprendo”,fino in fondo. (Gb 42,3)
Il prossimo appuntamento si svilupperà sul un brano tratto dal libro di Giobbe e sarà
giovedì 7 aprile alle ore 21
piattaforma ZOOM
https://us02web.zoom.us/j/85283824296?pwd=eUpJWE9OQWZXZmtXMGpSO
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ID riunione 852 8382 4296 – passcode 515929