
Ger 1,4s.17-19
Bisognerebbe leggere tutto il capitolo, compresi i vv. iniziali, che ambientano l’attività di Geremia sotto i regni di Giosia e i rimanenti re fino a Sedecia. I vv. 6-18, poi, descrivono l’ampiezza della missione, ben oltre Giuda, e le visioni sulla comparsa dei Babilonesi nel Nord, mentre tutti continuavano a pensare agli Assiri, e sulla rovina dello stesso Giuda. Da notare 1,10, che, alla fine, oltre e dopo la distruzione, parla di “edificare e piantare” e, se uno legge bene tutto il libro (basterebbe Ger 18 o, meglio, anche la fine di singoli oracoli contro i Gentili: p. es. 48,47; 49,6.39) trova qualche spiraglio di salvezza “universalistica” non solo per Giuda. Geremia e l’ultimo re sono stretti nella duplice morsa: all’interno i fanatici oltranzisti della resistenza e all’esterno i Babilonesi che preparano il colpo mortale. Il racconto della vocazione di Geremia, più che un inizio sembra la sintesi finale, con tutto il dolore sopportato al termine della sua attività. Vale la pena di ricordare anche il famoso lamento “tu mi hai sedotto ”(20,7). Il brano è scelto per creare il clima dell’ostilità dei Nazaretani nei confronti di Gesù nel vangelo. Forse lo schema “missione e destinatari” di Ger 1 e di Lc 4 potrebbe servire anche per la nostra Chiesa di oggi e la sua missione, nel lavoro preparatorio del Sinodo e nella ricerca del dialogo coi cristiani che si allontanano o con i non cristiani di oggi. Basterebbe leggere il cap. sulla Chiesa nel recente libro di R. Cipriani su “L’incerta fede” degli Italiani per avere già tutte le risposte che si vanno cercando; negative o positive.
Sal 70 (=71)
Nel salterio siamo alla fine del secondo libro; il terzo inizia al Sal 73, dove s’incontra quella decina dei Salmi di Asaf, corrispondenti a quella iniziale dei Salmi di Core (Sall 42-49), che, con quelli centrali “di Davide” costituiscono il “Salterio Elohista” già ricordato, raccolta fatta per la preghiera nell’ esilio babilonese, là dove non si doveva pronunciare il nome di JHWH (Sal 137,4). Qui la parte finale dei Salmi “di Davide”, da 69 in poi, sembra appunto di Geremia alla fine della sua missione. Nel nostro salmo si rievoca l’attività giovanile ma si parla due volte di vecchiaia (vv. 9 e 18), concludendo con grande speranza, nonostante tutto. Dolore e speranza di Geremia e anche del re Sedecia, arrestato, accecato e poi condotto schiavo a Babilonia, sono confluiti nell’animo del popolo esule, di cui il II° Isaia (Is 40-55) teneva viva la speranza, elaborando anche i quattro poemi del Messia sofferente (sono in Is 42.29.50 e 53), là inseriti. Anche se il salmo non ha il titolo “di Davide” sembra appendice dei due precedenti.
1 Cor 12,31-13,13
Tutti celebrano questo inno alla carità, e va bene. Ma è una delle pagine più difficili da praticare. All’inizio del cap. 14, che comunque la domenica successiva sarà saltato, tratta del “parlare in lingue”: Paolo raccomanda “Aspirate alla carità. Desiderate intensamente i doni dello Spirito, soprattutto la profezia”. Credo che la prima cosa da chiedere però sia proprio questo, più che la profezia o il discorso in lingue. Anche per noi preti. Se facciamo un esame di coscienza su quella pagina, domandandoci solo com’è la carità tra noi, vediamo subito quanto è difficile e addirittura impossibile senza il dono dello Spirito.
Lc 4,21-30
Mt e Mc sbrigano l’episodio dichiarando il fallimento di quella predicazione a Nazaret. Hanno però un particolare che Lc non riferisce: la constatazione che questo Gesù straordinario a Nazaret ha i suoi fratelli e sorelle (Mt 13,53-58 e Mc 6,1-6). Ammiriamo la sensibilità di Lc nell’evitare il testo imbarazzante; noi cattolici e gli ortodossi lo spieghiamo dicendo che “fratelli e sorelle” significa parenti e amici, per difendere giustamente la verginità della Madonna non solo prima, ma anche dopo il parto. Inoltre constatiamo nei nuovi dettagli lucani sull’episodio ciò che ci ha detto domenica scorsa sul suo lavoro particolare nella redazione dello stesso Vangelo. Mt è della Galilea; lì è stato chiamato. Mc è di Gerusalemme, come attestato dallo stesso Lc in At. Ma lui è un forestiero in Palestina, reclutato da S. Paolo nei suoi viaggi apostolici in Grecia. Dev’essersi cercato una piazza appunto a Nazaret per avere queste informazioni; e anche quelle sulla nascita di Giovanni Battista e di Gesù a Betlemme. Il trattamento riservato a Gesù dai Nazaretani è già un’antifona; presentata con serenità, senza astio per loro.